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lunedì 16 aprile 2018

Marmo e granito

Il geologo Dimitri,
gran studioso di detriti,
un mattino, sul suo uscio,
si trovò un poco di muschio.
Lì per lì, così, a naso
non ci fece tanto caso:
passeggiava assai contento
e si manteneva il mento,
finché un dubbio gli passò
d'improvviso: "Ohibò!"
disse - col mento sul dito -
"ma era marmo, o granito?".
Una grande conoscenza
aveva della consistenza
di ogni pietra e sassolino
anche quello più piccino:
e di marmo, ne era certo,
il suo uscio era coperto.
Ora, tra marmi e graniti,
sapeva bene Dimitri,
quale sia la differenza:
uno ha i buchi, l'altro è senza!
Non c'è pianta né foresta
che, per quanto sia modesta,
per la vita si contenti
di un lastrone, pori assenti,
liscio e senza nutrienti!
Questo il muschio non lo sa:
e chissà perché sta là!

sabato 13 gennaio 2018

Suono modulato

Le varietà più belle di noi
sanno fare suoni molto varii
e personali
e se siamo uccelli
con quello che hanno da fare gli uccelli
tanto vale passare
la vita a comporre
un suono
per riconoscerci.

giovedì 11 gennaio 2018

Glance1

Passo davanti alla cassa per uscire. In realtà attraverso la coda per la cassa, trasversale, cercando un passaggio. Le persone sono in fila, aspettano il loro turno con lo sguardo assente. Con gli sguardi indifferenti. Tranne uno. Un uomo abbastanza basso, di cui non so dire l'età (trentotto?) guardandosi intorno poggia per caso lo sguardo su di me. Anche io.
Ha un cappotto in lana troppo lungo per slanciare la sua statura un po' goffa. Non so se fosse blu o cammello. Un foulard in seta - o in lana? - dall'aria costosa, cinge il suo doppio mento un po' strano per la mandibola ossuta e definita. Il mio sguardo svogliato si sposta: di seguito, sulla sinistra, gli appendiabiti, la gente in fila, la collezione nuova. Anche lui si gira svogliatamente. Ma prima, con la velocità che impiegano i pensieri - quelli veloci che passano all'improvviso come i dolori intercostali - prima ancora di guardare altro i suoi occhi si accendono di qualcosa.
Nell'istante in cui guardo le grucce mi chiedo se io lo conosca. Se lui conosca me. Do un'occhiata ancora.
Anche lui. Con sguardo interattivo, sulla fronte si piega un segno di sorpresa. Immobili i capelli pettinati all'indietro, la bocca fa un cenno. Uno qualsiasi.
Mi inquieto, trovo un varco tra la gente, schivo lo sguardo. Ma il varco è per il commesso che cammina all'indietro verso di me con un grande carrello difficile da  far passare. A momenti ci inciampo. A momenti inciampa in me. Gli chiedo scusa. Forse ho fatto una gaffe. Sicuramente l'ho fatta, ma non so perchè.

venerdì 8 dicembre 2017

Estinzione

Repubblica e tanti altri hanno pubblicato le immagini strazianti di National Geographic, riprese da Paul Nicklen, di cosa significa estinzione: un orso polare che muore lentamente di fame.

(Non le condivido perché sono davvero immagini dolorose, ma se avete coraggio andate a cercarle.)

Io seguo Paul Nicklen da anni, e so cosa pensa quando le leggi della natura sono dure.
Soffre un po', ma è così che funziona.
Questa però non è una legge della natura. È una legge dell'uomo. Lui ed il suo collega non hanno potuto fare niente. Cosa vuoi fare.

Per quanto triste, purtroppo, il problema non è l'orso. Una volta ho letto un articolo bellissimo con un grafico molto chiaro del riscaldamento globale attraverso i millenni. Sembra che più o meno il mondo si sia sempre scaldato un pochino, con qualche passo indietro.

Poi la curva ha un'impennata pazzesca (pazzesca) che è molto recente.
È così da quando l'uomo ha il potere di fare cose più grandi di lui, su larga scala, ad ampio raggio, con molta energia, con molte risorse, enormi fabbriche, cambiamenti repentini, e, soprattutto, molti soldi e molto comfort.

Giorni fa tornavo da lavoro e dal finestrino guardavo l'asfalto sulla strada. È scontato che ci sia, non possiamo farne a meno, e così abbiamo piastrellato tutto il pianeta con questa schifezza putrida e tossica. Le case sicure in cui viviamo per proteggerci dall'estinzione sono di cemento armato. Un'ora di luci di New York quanto costa? Costa qualche milione, un decimo di grado centigrado per l'estate prossima, un chilo di ghiaccio, un orso o un pinguino.

Volevo dire una cosa a tutti quelli che si godono l'entropia dalla loro parte, ma non a quelli che fanno l'idromassaggio ogni tanto. A quelli che fanno le cose enormi che non uccidono solo orsi ma anche persone, bambini. Vi volevo dire che siete al mondo per poche decine d'anni, e non serve fare molti calcoli: i soldi che guadagnate alla vostra scrivania dando ordini per rovinare il mondo non basteranno mai a rendere decenti le vostre piccole vite da viscidi.

domenica 30 aprile 2017

Shoot the moon

Studio. La descrizione complessa di una cosa incredibile creata da Sol León e Paul Lightfoot per NDT1: il finale di "Shoot the moon", esibizione del 16/03/2016. Di questo finale non esiste alcun video su youtube.
La scena descritta accade immediatamente dopo la fine di questo video.


Sul palco quasi buio, la scenografia girevole a tre stanze è ferma sul confine fra due stanze. Nel muro in mezzo c'è una finestra; un uomo ed una donna si allontanano ai due lati della finestra in un congedo struggente, rapido e silenzioso, lasciando un grande vuoto.
Vanno verso i muri opposti, lontanissimi sul palco, non si guardano.
Al di sopra del palco si accende una schermata: due schermate, l'una accanto all'altra, ritraggono ciò che è ripreso da due videocamere nascoste in prima quinta, una a destra e una a sinistra, per i due danzatori.
In pochi secondi lo spettatore realizza che i filmati sono invertiti rispetto alla reale posizione delle telecamere: i danzatori, che guardano verso l'esterno del palco, sembrano in realtà guardarsi attraverso la linea fra gli schermi. Come se si guardassero attraverso un'unica finestra.


Magia: inizia una soffice interazione attraverso la finestra inesistente nello schermo, con un bellissimo scambio d'energie e una grandissima sensibilità l'uno verso i movimenti dell'altro (in realtà sul palco non si vedono!).
Come un'altra dimensione. Come se fosse nella loro mente, ora, tutto ciò che non è stato detto e non è stato fatto nel loro saluto, nella realtà. Ognuno dei due vive intimamente il rimpianto e il desiderio del non detto, e lo recupera. I loro due pensieri, perfettamente in armonia, completano il saluto nella dimensione astratta dello schermo, unico punto di contatto.
Lei ha uno slancio verso fuori, ma una forza magnetica la trattiene, si gira, guarda lui nella finestra immaginaria. In realtà guarda fuori dal palco, verso sinistra, quindi verso il confine centrale allo schermo.
Restano così per alcuni secondi, a guardarsi nella loro finestra mentre in realtà sul palco sono di spalle e separati dal muro.
Poi lei, col passo grave e solenne di chi ha deciso, cammina piano verso il centro dello schermo, che in realtà è fuori, ed esce dal palco. Sullo schermo, infatti, entra nel confine-finestra e sparisce sulla linea verticale nera.
Lui, in piedi, rivolto verso la finestra-confine, è come travolto da un respiro improvviso che lo spinge indietro. La sua schiena si incurva leggermente in cambré. Il fantasma di lei, sparita nella linea nera della finestra invisibile, lo travolge e gli entra in petto come un soffio.
I capelli di lui si muovono un po' col cambré - torna dritto - l'alito di vento si placa.
Tutto è fermo.
Tutto è risolto.
Buio.
Sipario.




giovedì 21 aprile 2016

Per la Terra

Giornata mondiale della Terra.


Signore e signori, guardate tutti qualche meraviglia oggi, senza dover prenotare un volo per le Maldive. Fermatevi a guardare una violetta: dura pochissimo, ma è fresca e tenera. Confrontate il colore dei fiori e dite se siete in grado di sceglierne uno che sia il più bello. Guardate le persone, senza pensare a cosa fanno, a come sembrano: guarda negli occhi qualcuno oggi, e dì se ci trovi dentro una meravigliosa opera di poesia e di alta ingegneria, o un mistero, dì se ci trovi dentro la natura, se essere umano ti fa sentire un capolavoro. Vai al mare, in montagna, in giardino. Respira forte e senti se l'aria che respiri, che tuttavia non è molto pulita, riempie i polmoni e nutre tutte le nostre cellule. Hai mai visto un granchio pescato tornare nel mare? Se non lo hai mai visto, te lo dico io: cambia colore. Prende un colore vivace e la vita gli riempie tutto il carapace. Si crogiola nella sabbia calda e fa le bollicine nell'acqua. Una goduria. Essere vivo. Come quando di notte ti svegli e non hai un braccio e invece è addormentato, morto, paralizzato, e quando lo muovi senti i vasi linfatici ripartire, la linfa scorrere, i vasi riempirsi. Si sente la vita che brucia e poi se ne sta lì al suo posto, dove deve stare. Dì se non è un capolavoro.
Hai mai notato i germogli di una pianta che rinasce dallo stato vegetativo? Che dopo l'inverno sbuca fuori dalla terra? Questo non so se si può descrivere: sono sensazioni che è meglio avere dal vivo. Non posso descrivere un germoglio senza dire che è piccolo, verde, tenero e felice. Ma non mi credi. Credi che le piante possano essere felici? Non posso convincerti, dovresti vedere. Devi vedere che cosa è in grado di fare un germoglio, per il gusto e la curiosità di vivere. Verde verde. Trova sempre la strada giusta, un germoglio. Può nascere anche a testa in giù, ma sa sempre qual è il verso dritto, sa dov'è il sotto e dov'è il sopra.
Non dimenticare di guardare che regalo incredibile sono gli agrumi, e chiediti se hanno qualcosa di più degli altri frutti, e risponditi di no. Io una cosa più perfetta delle altre non la so scegliere. Guarda i bambini, non dico niente, guardali e basta. Guarda i cuccioli, che sono la stessa cosa, più o meno. Stupisciti tutte le volte che vedi gli animali comportarsi con amore, anche se è così che va, ma noi non lo sappiamo sempre, noi tutte le volte non ce lo aspettiamo. Immagina il profumo delle balene, che nessuno può sentire ma sono tutte pulite, e i loro scarti sono così buoni che ci si fanno i profumi costosi.
Facciamo un gioco. Se vi fa ridere fatelo ridendo, ma provate: fermatevi, oggi, e guardate qualcosa. E fatevi guardare. Mostra che sei una meraviglia, un capolavoro! Un gioiello di neurofisiologia. Una invenzione stratosferica. Alta tecnologia. Forse non tutti sanno che sei in grado di sentire cose fuori da ciò che è tangibile, forse non lo sai neanche tu. Prova. Oggi prova qualcosa, respira con tutte le parti del tuo corpo, wow ho un corpo, ho ossigeno dappertutto! Senti le persone senza avere il bisogno di vederle. Senti la terra sotto ai piedi.
Fai una preghiera, se ti va. A Dio, o ad Allah. O al Dio di Spinoza, che sta in tutte le cose vive.
Fai una preghiera, se ti va. Io faccio questa qua: per ogni cosa che viene trattata male, per ogni foglia staccata senza motivo, per ogni quintale di agrumi che viene seppellito per leggi assurde, per ogni colore svilito da uno sguardo svogliato, per ogni bimbo cacciato. Per le foche del circo, per la balena più sola del mondo. Per i cacciatori di ambra grigia, perchè non sanno quello che fanno. Per ogni offesa, per ogni beffa, ogni cattivo gioco. Per l'erba gramigna, ed i suoi germogli. Per ogni germoglio indesiderato. Per gli alberi incendiati, gli uccelli sparati. Per ogni cavallo o ciuco legato faccia al muro tutta la vita, per tutte le volte che non la chiami vita. Per il cibo buttato, per l'amore lasciato, per le cose sprecate - le cose, ed il tempo, le occasioni, le qualità ed i sorrisi omaggio.
Che non succeda più, che non succeda più.
Se serve non lo so, forse no.
Ma oggi guardati. Tutto il bello che c'è al mondo, ce l'hai anche tu. La giornata della terra è la tua giornata. Dì se non hai dentro di te tutta questa roba, dì se non hai un germoglio. Verde verde.
Che non succeda più, che non succeda più.


venerdì 11 dicembre 2015

Una scorciatoia

Terrò come scorciatoia l'equilibrio che ho imparato quando studiavo male, la staticità, la fatica, quella cosa immobile e pesante che è così difficile e inutile, coi quadricipiti gonfi e in apnea, quella sensazione che si beffa della dinamica e dello slancio vitale.
E' la mia scorciatoia per quando perderò il filo. Non è bella, ma è quella che ho imparato per prima e non posso farci niente. La terrò, e la metterò via. Non mi accada mai di doverla usare. Siamo nati col movimento, è nella nostra natura. Ogni volta che rinunciamo al movimento in nome di qualche paura o tensione, perdiamo qualcosa di importante. Non bisognerebbe mai staccare la spina da un sentimento di vita e di libertà. Il nostro corpo può andare all'indietro e sbilanciarsi fino a un attimo prima di cadere. Non è giusto fare finta. Fingiamo prima di tutto con noi stessi. Uno slancio va completato ed assaporato con la sua velocità e il suo ritmo. Ogni vertebra deve piegarsi alla felicità o alla disperazione di un momento ineffabile. Avere tutto sotto controllo è ciò che può farci perdere l'equilibrio per davvero. Può diventare tutto uguale, tutto fermo. Terrò questa scorciatoia, se dovessi perdere il filo. Ogni istante in cui la userò sarà un grosso spreco. Non mi accada di doverla usare.

martedì 15 settembre 2015

Disegni qualsiasi

I disegni eccetera vanno a finire nello stesso posto delle parole: come le parole, quando sono speciali, tutti le comprano , le diffondono e le conservano, così i disegni qualsiasi vanno a finire nello stesso posto delle parole  qualsiasi: qualcuno la ha sentite diverse volte, qualcun altro le trova simili ad altri discorsi già fatti, qualcuno non le vuole sentire più. Là finiscono i disegni inutili, solo che sono di carta.

giovedì 21 maggio 2015

Le cose tristi

<gli faceva male la gola, perché le cose tristi si fermano in gola>
(Nicola Lecca - La piramide del caffè)

martedì 19 maggio 2015

Cornacchie

Praticamente ci sono dei piccionari che ogni giorno versano un pappone  di avanzi su un tombino in pineta, e i piccioni banchettano. In questi momenti si possono osservare delle meccaniche bellissime e molto interessanti. Ad esempio, in pineta ci sono principalmente quattro tipi di uccelli, in ordine di grandezza: passeri, piccioni, cornacchie e gazze. Senza contare Ciuffetta che è una calopsite e sta con me dietro al vetro della finestra. Poi ci sono tre scoiattoli e moltissime lucertole. Forse anche un rapace, perchè lo sentiamo ogni tanto ma nessuno lo ha ancora visto. Bene. Di tutto questo sistema, chi governa sono naturalmente i piccioni. A parte gli scoiattoli che siccome non c'entrano niente se ne fregano di cosa comandano i piccioni. Quindi mentre i piccioni banchettano, tolto che i passerotti aspettano solo che schizzi fuori dalla ressa una briciola o si vanno a cercare un verme per i fatti loro, le gazze e le cornacchie non possono avvicinarsi, anche se sono grandi il doppio dei piccioni. Sono terrorizzate. I piccioni, in effetti, sono tanti e sono molto prepotenti.
Un giorno però ho visto una cornacchia che planava sul gruppo dei piccioni che banchettavano. Siccome ha una bella apertura alare, loro si sono spaventati e sono schizzati tutti intorno al tombino, qualche passo indietro. La cornacchia, al centro del cerchio di fuoco, si è guardata intorno, ha preso un boccone ed è volata via. L'ho seguita con lo sguardo: aveva due piccoli che la aspettavano più in là nell'erba. Solo per questo si era fatta coraggio.
Stamattina ho visto una cosa simile, cioè, credevo che fosse simile: una cornacchia che planava sui piccioni, e questa volta erano terrorizzati. Dopo aver preso un boccone, volava via verso un cespuglio e ci poggiava tutto, ben infilato nell'erba alta. Poi tornava a spaventare i piccioni, prendeva e andava via, ma cambiava cespuglio. Ogni volta che tornava sul tombino si dava certe arie e faceva certi scatti, ma con una prepotenza da dittatore, che i piccioni sobbalzavano terrorizzati. Insomma avrà cambiato sei o sette cespugli, ha nascosto tutto dappertutto, e da quello che ho visto non ha mangiato niente. Ma nemmeno i piccioni hanno mangiato niente, perchè la cornacchia ha portato via tutto lei e sul tombino non c'è rimasto niente. Quindi ora tutti cercano cose da mangiare, come è naturale che facciano, e il cibo sta nei cespugli e secondo me non se lo ricorda neanche la cornacchia dove lo ha messo. Forse ha solo deciso che è ora di fare un colpo di stato e interrompere la supremazia dei piccioni. A volte ci vuole un po' di tempo per capire che siamo in grado di fare qualcosa.

domenica 4 gennaio 2015

Dolce sentire

Questo dolce sentire, degli odori e delle emozioni piccole, momentanee, non sono che lo specchio o l'esercizio di una vita intera, che si risolve in meno di un centinaio d'anni (cosa sono mai cento anni...), la quale vita intera è in più l'attesa o il conseguimento di un certo livello di esperienza e di bontà, attraverso le piccole conquiste (cosa sono mai...). ecco allora a cosa basta litigare, aspettando il giudizio universale (chissà quando, ma intanto) a ciascuno la sua storia personale, abbracciando le nostre cose da provare, cosa conta se poi abbiamo fatto centro, se ero un bravo lanciatore di coltelli, o se non lo sapevo. Crescere una vita e poi morire, che sciocchezza, lascia stare. Studiare, studiare, e dimenticare. A che serve, a che serve... Se non un giorno di giudizio personale, facendo nelle altezze il carpentiere ed il fornaio.

martedì 2 dicembre 2014

Le stesse cose

Come quando guardo con tenerezza negli altri le mie stesse paure; quando non le sopporto negli altri e non le vedo dentro di me. Quando non lo so fare, quando non ci provo.
Forse le fragilità sono fatte tutte della stessa pasta, e se tremano le gambe o si strozza la voce in gola non cambia tanto.
Comunque, se una strada è fatta per le macchine, e io sto guidando una macchina, non c'è motivo perché non ci possa passare. Quindi bando alle ciance, non lo so fare non esiste.

sabato 8 novembre 2014

Diverse volte

Nella mia vita ho incontrato la bellezza diverse volte: nelle stagioni, nei grazie e per favore, in Ercole e Lica. Nei rumori del mare. In mia madre e mio padre che mi guardano. Nelle scarpe da ballo. Nei cani, nelle api e nelle fragole. Nella sensazione che tutto torni, e nella sensazione che non torni niente. Allo specchio, certe volte. Guardando Lindsay Kemp esibirsi a 76 anni e Miguel Angel Zotto. Nelle orecchiette, nei biscotti e nelle preghiere. Nel Pantheon. Nei sorrisi per strada.

martedì 3 giugno 2014

Vecchi libri

I libri non sono vecchi. I libri si stampano dal 1452, in Europa, e dal 1041 in Asia. Prima i libri, seppure non a stampa, esistevano già da lunga pezza, da quando l'uomo sa scrivere. Ma da quanto tempo c'è l'uomo? In confronto, alcune decine di secoli sono probabilmente una piccolezza. In questo recente istante in cui l'uomo ha imparato a scrivere e pubblicare, noi diciamo che i libri sono vecchi. Ogni volta che prendete in mano un libro, guardatelo come una sorpresa: un momento fa, una persona ha trovato la maniera di esprimersi. Un libro è sempre una cosa nuova, è il frutto di un grande sforzo comunicativo. I libri sono nuovi, ogni volta che li apriamo.

martedì 14 gennaio 2014

Le cose scadute

La laconica scritta "scopri come partecipare" sulla pagina internet non aggiornata nel giorno dei risultati delle selezioni. I cataloghi premi delle raccolte punti dell'anno scorso, a gennaio. I biscotti nella biscottiera dopo il trasloco. Le cose che ci sono ancora ma già non ci sarebbero. Se. Se l'informatico programmasse l'aggiornamento del sito, se tenessimo d'occhio sempre cataloghi, volantini, scadenze poco utili, biglietti da visita, offerte speciali. Se fossimo efficienti e sapessimo fare un trasloco perfetto, ed una vita perfetta, senza correre il rischio che di continuo biglietti, scontrini nelle tasche, ed altre cose che guarda ci sono ancora, ci ricordino chi eravamo e dove stavamo andando un attimo fa. O mezzora o come vuoi tu.

venerdì 19 aprile 2013

Le persone che non ci sono più

Le persone che non ci sono più. Ci abituiamo, perché in effetti non ci sono più. Loro c'erano, e noi ci siamo stati con loro. Noi ci siamo ancora. Loro no. Le persone che non ci sono più, prima c'erano e io ci ho fatto i biscotti, o le cose di carta. E qualche cosa, quando le persone non ci sono più, c'è ancora. Da lì in poi non sono più fatti loro, perché diventa una cosa nostra. Qualcosa che c'è ancora ce l'abbiamo noi. Le persone che non ci sono più, ci lasciano pezzi che diventano pezzi di noi. Io ho dei pezzi bellissimi, li conservo uno per uno, e ogni tanto li guardo. Stanno nella parte bella di me, le persone che non ci sono più.

mercoledì 27 febbraio 2013

Space connected (studio su William Forsythe)

"...è come se dicessi, adesso, che quando sto in piedi - sale sulla sedia e poggia un ginocchio sul tavolo, spostando il microfono - che quando sto in piedi se muovo così un piede e io so che non si fa così..."
E' incredibile: quello che ha lui e quello che non abbiamo noi. Il più grande coreografo vivente, William Forsythe, il 14 Aprile 2012 alle 6e30 di pomeriggio sale col ginocchio sul tavolo durante la conferenza. L'intervistatrice e la traduttrice lo guardano cercando di dissimulare una specie di imbarazzo. Il loro stupore ed il loro fare finta di niente. William Forsythe non sta mostrando pubblicamente la sua carica sovversiva, non ha bisogno di farlo così - non avremmo pagato il biglietto per "Yes, we can't". Non sta facendo l'esibizionista, non lui, non viene da un talent show, è Wililam Forsythe, non scherziamo. Fa vedere a tutti che se vuoi dire una cosa, e le parole e le mani non ti bastano, questo non deve essere un limite. Non si tratta del piede, il piede poteva descriverlo.
Il petto si erge senza superbia sui livelli dell'aria, uno per uno, come un qualunque figlio di Dio, come solamente un uomo. L'espressione incerta delle due donne è proprio questo. Accorgersi che loro non possono farlo: quale vittoria, quale possanza, quale inno alle potenzialità umane è un uomo che non sta confinato nella mappa spaziale delle gambe piegate sotto al tavolo, e del mezzobusto compunto al di sopra di questo.
(non quelli che si sbracano, loro di possanza non ne sanno niente) - Lui non sta: lui prende.
Quante convenzioni spaziali regolano i nostri comportamenti sociali: Forsythe le vince in una sola mossa, niente affatto maleducata. E' splendido, ha 64 anni (dei quali solo quaranta visibili a occhio nudo) e in modo perfettamente naturale, energico, equilibrato, salta sul tavolo e spiega una cosa. E quanto è ridicolo, vicino a lui, il modo in cui l'intervistatrice ritrae le braccia in segno di timidezza e - non lo sa - inadeguatezza.
Lui ha lo spazio, lo spazio non lo spaventa, ha fatto un patto con esso. Lui lo occupa. Lo tiene in sospensione. Lo sente su di sé e lo trascina tutto quanto. Lui lo gira, se vuole - non me lo sto inventando, ci sono i video su youtube. Vi auguro di poter fare, almeno un po', come lui, almeno con le braccia, almeno con le mani. Almeno con gli occhi.

giovedì 11 ottobre 2012

L'elan vital

Lo scorrimento veloce, gli svincoli, i blocchi gialli della segnaletica che evidenziano gli angoli acutissimi del guardrail, e un arbusto, come un bonsai, si staglia sulla superficie grigia e arida. Sta lì davanti al blocco giallo con le frecce bianche catarifrangenti, un po' di scorcio, un po' obliquo, come una donna che è caduta, come se poggiasse sul fianco di un ginocchio. I rami aperti in preghiera, la leggera torsione del busto, i palmi verso l'alto. Le radici condensate, premute in una piccola zolla passeggera sul piano grigio e ruvido, o forse infilate in una fenditura dell'asfalto, e le foglie verdi di chi vuole essere vivo per forza.

Le idee hanno le posizioni

Una volta ho letto che le idee hanno le posizioni. Cioè che se ti metti disteso per terra, o se stai sul divano in un modo stranissimo con la testa penzoloni giù dal sedile e i piedi per aria lungo la spalliera, allora possono venirti in mente determinate idee. E alcune sono geniali. Poi quando ti alzi, o se ti distrae qualcuno, o cadi da quella posizione stranissima, l'idea si rompe. E se sei molto fortunato torna soltanto se ti rimetti nella stessa maniera di prima. Ma questa è una cosa che si dice così per consolarsi, in realtà non capita quasi mai. A meno che non stavi pensando molto forte. Quando si pensa ad una cosa, la si deve fare subito, sennò perde tutto. E quando non si può fare subito, noi perdiamo un sacco di cose. Come faccio io, che non scrivo :)