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domenica 30 aprile 2017

Shoot the moon

Studio. La descrizione complessa di una cosa incredibile creata da Sol León e Paul Lightfoot per NDT1: il finale di "Shoot the moon", esibizione del 16/03/2016. Di questo finale non esiste alcun video su youtube.
La scena descritta accade immediatamente dopo la fine di questo video.


Sul palco quasi buio, la scenografia girevole a tre stanze è ferma sul confine fra due stanze. Nel muro in mezzo c'è una finestra; un uomo ed una donna si allontanano ai due lati della finestra in un congedo struggente, rapido e silenzioso, lasciando un grande vuoto.
Vanno verso i muri opposti, lontanissimi sul palco, non si guardano.
Al di sopra del palco si accende una schermata: due schermate, l'una accanto all'altra, ritraggono ciò che è ripreso da due videocamere nascoste in prima quinta, una a destra e una a sinistra, per i due danzatori.
In pochi secondi lo spettatore realizza che i filmati sono invertiti rispetto alla reale posizione delle telecamere: i danzatori, che guardano verso l'esterno del palco, sembrano in realtà guardarsi attraverso la linea fra gli schermi. Come se si guardassero attraverso un'unica finestra.


Magia: inizia una soffice interazione attraverso la finestra inesistente nello schermo, con un bellissimo scambio d'energie e una grandissima sensibilità l'uno verso i movimenti dell'altro (in realtà sul palco non si vedono!).
Come un'altra dimensione. Come se fosse nella loro mente, ora, tutto ciò che non è stato detto e non è stato fatto nel loro saluto, nella realtà. Ognuno dei due vive intimamente il rimpianto e il desiderio del non detto, e lo recupera. I loro due pensieri, perfettamente in armonia, completano il saluto nella dimensione astratta dello schermo, unico punto di contatto.
Lei ha uno slancio verso fuori, ma una forza magnetica la trattiene, si gira, guarda lui nella finestra immaginaria. In realtà guarda fuori dal palco, verso sinistra, quindi verso il confine centrale allo schermo.
Restano così per alcuni secondi, a guardarsi nella loro finestra mentre in realtà sul palco sono di spalle e separati dal muro.
Poi lei, col passo grave e solenne di chi ha deciso, cammina piano verso il centro dello schermo, che in realtà è fuori, ed esce dal palco. Sullo schermo, infatti, entra nel confine-finestra e sparisce sulla linea verticale nera.
Lui, in piedi, rivolto verso la finestra-confine, è come travolto da un respiro improvviso che lo spinge indietro. La sua schiena si incurva leggermente in cambré. Il fantasma di lei, sparita nella linea nera della finestra invisibile, lo travolge e gli entra in petto come un soffio.
I capelli di lui si muovono un po' col cambré - torna dritto - l'alito di vento si placa.
Tutto è fermo.
Tutto è risolto.
Buio.
Sipario.




venerdì 11 dicembre 2015

Una scorciatoia

Terrò come scorciatoia l'equilibrio che ho imparato quando studiavo male, la staticità, la fatica, quella cosa immobile e pesante che è così difficile e inutile, coi quadricipiti gonfi e in apnea, quella sensazione che si beffa della dinamica e dello slancio vitale.
E' la mia scorciatoia per quando perderò il filo. Non è bella, ma è quella che ho imparato per prima e non posso farci niente. La terrò, e la metterò via. Non mi accada mai di doverla usare. Siamo nati col movimento, è nella nostra natura. Ogni volta che rinunciamo al movimento in nome di qualche paura o tensione, perdiamo qualcosa di importante. Non bisognerebbe mai staccare la spina da un sentimento di vita e di libertà. Il nostro corpo può andare all'indietro e sbilanciarsi fino a un attimo prima di cadere. Non è giusto fare finta. Fingiamo prima di tutto con noi stessi. Uno slancio va completato ed assaporato con la sua velocità e il suo ritmo. Ogni vertebra deve piegarsi alla felicità o alla disperazione di un momento ineffabile. Avere tutto sotto controllo è ciò che può farci perdere l'equilibrio per davvero. Può diventare tutto uguale, tutto fermo. Terrò questa scorciatoia, se dovessi perdere il filo. Ogni istante in cui la userò sarà un grosso spreco. Non mi accada di doverla usare.

mercoledì 27 febbraio 2013

Space connected (studio su William Forsythe)

"...è come se dicessi, adesso, che quando sto in piedi - sale sulla sedia e poggia un ginocchio sul tavolo, spostando il microfono - che quando sto in piedi se muovo così un piede e io so che non si fa così..."
E' incredibile: quello che ha lui e quello che non abbiamo noi. Il più grande coreografo vivente, William Forsythe, il 14 Aprile 2012 alle 6e30 di pomeriggio sale col ginocchio sul tavolo durante la conferenza. L'intervistatrice e la traduttrice lo guardano cercando di dissimulare una specie di imbarazzo. Il loro stupore ed il loro fare finta di niente. William Forsythe non sta mostrando pubblicamente la sua carica sovversiva, non ha bisogno di farlo così - non avremmo pagato il biglietto per "Yes, we can't". Non sta facendo l'esibizionista, non lui, non viene da un talent show, è Wililam Forsythe, non scherziamo. Fa vedere a tutti che se vuoi dire una cosa, e le parole e le mani non ti bastano, questo non deve essere un limite. Non si tratta del piede, il piede poteva descriverlo.
Il petto si erge senza superbia sui livelli dell'aria, uno per uno, come un qualunque figlio di Dio, come solamente un uomo. L'espressione incerta delle due donne è proprio questo. Accorgersi che loro non possono farlo: quale vittoria, quale possanza, quale inno alle potenzialità umane è un uomo che non sta confinato nella mappa spaziale delle gambe piegate sotto al tavolo, e del mezzobusto compunto al di sopra di questo.
(non quelli che si sbracano, loro di possanza non ne sanno niente) - Lui non sta: lui prende.
Quante convenzioni spaziali regolano i nostri comportamenti sociali: Forsythe le vince in una sola mossa, niente affatto maleducata. E' splendido, ha 64 anni (dei quali solo quaranta visibili a occhio nudo) e in modo perfettamente naturale, energico, equilibrato, salta sul tavolo e spiega una cosa. E quanto è ridicolo, vicino a lui, il modo in cui l'intervistatrice ritrae le braccia in segno di timidezza e - non lo sa - inadeguatezza.
Lui ha lo spazio, lo spazio non lo spaventa, ha fatto un patto con esso. Lui lo occupa. Lo tiene in sospensione. Lo sente su di sé e lo trascina tutto quanto. Lui lo gira, se vuole - non me lo sto inventando, ci sono i video su youtube. Vi auguro di poter fare, almeno un po', come lui, almeno con le braccia, almeno con le mani. Almeno con gli occhi.